Il cane al posto dell'elefantein due antiche
rappresentazioni del gonfalone di Catania

    Un’ antica mappa della città di Catania è inserita nel libro di Pietro Bertelli (autore, bibliopolam e collectore) dal titolo Theatrum Urbium Italicarum, pubblicato a Venezia nel 1599 con descrizioni e piante cartografiche delle maggiori città d’Italia (Milano, Venezia, Roma, Napoli, etc.).
    La pianta della città di Catania (il titolo su nastro è Catania in Sicilia Patria di S’ Agata) è disegnata a volo di uccello. Si vedono le mura di fortificazione, il castel Ursino, le porte d’ingresso alla città (Porta de Canali, Porta Reale, Porta della Marina), il vulcano in eruzione (sul quale è riportata la dicitura Monte di Etna).
    A sinistra della pianta è disegnato un ovale coronato con lo stemma aragonese, a destra un ovale coronato con la figura femminile armata di spada e scudo.


    La figura femminile è posta su un piatto in equilibrio sulla testa di un animale, col muso rivolto a destra, che non ha niente di elefantiaco ma assomiglia fortemente a un cane!
    E’ una delle due mappe che si discosta, in modo sorprendente, da quelle con l’elefante come simbolo ricorrente.


    Si tratta di un errore, di una cattiva interpretazione, di una cattiva realizzazione stilistica, di una cattiva informazione?
    Un altro libro, dal titolo Drepanum, urbs est Siciliae trans Lilybaeum promontorium non procul ab Erice monte del 1625 riporta una figura simile.


    Il disegno della pianta è lo stesso del precedente ma con differenze significative: il titolo su nastro è Catania in Sicilia Patria de S’Agatha Virgo et Mar.; lo scudo aragonese non è più un ovale; la scritta sul vulcano è cambiata in La Mons. Etna; mancano le indicazioni delle porte fortificate.
    Anche il disegno della figura femminile è modificato. Impugna ancora una spada e uno scudo ma è posta su un piatto poggiato sul dorso dell’animale.
    E il disegno del cane, col muso rivolto a destra, è molto definito e non lascia più dubbi di sorta.
    Ecco, allora, due interpretazioni molto diverse da quelle finora conosciute.
    Questa “anomalia” (cane al posto dell’elefante) è stata mai messa in rilievo dagli studiosi?


Simbologia della tazza e della coppa sul dorso dell’elefante

    Nessuno, finora, ha mai spiegato il motivo della presenza della tazza o coppa (quasi sempre riportata, come vedremo, nelle diverse raffigurazioni del gonfalone di Catania) e che mai è stata associata ad Atena-Minerva, che mai è visibile nelle statue, nelle monete, nelle pitture che raffigurano la dea.
     Secondo la mia personale opinione, la tazza (o il piatto) è la raffigurazione del contenitore dove sono state poste le mammelle sanguinanti di Sant’Agata per essere portate e mostrate al console Quinziano.
    Il piatto e la tazza, a volte grondanti sangue, rappresentano, simbolicamente, il martirio e, anche, il trionfo della Santa.
    In molti, quadri raffiguranti il martirio di Sant’Agata, si nota il motivo della tazza e del piatto.
    Ecco alcuni esempi:

- nel quadro intitolato Santa Águeda di Francisco de Zurbarán è Sant’Agata a sostenere un piatto con le mammelle asportate (Museo Fabre, Montpellier, Francia);
- nel quadro intitolato Martirio di Sant’Agata di Piero della Francesca è la stessa Santa a reggere il piatto con le mammelle asportate (Perugia, Galleria Nazionale);
- nel quadro intitolato S. Agata di Guido Cagnacci la Santa regge un piatto con le mammelle asportate (Modena, Banca Popolare dell’Emilia Romagna);
- nel quadro intitolato Martirio di Sant’Agata di Giovanni Battista Tiepolo si nota il piatto che servirà per deporvi le mammelle (Basilica di Sant’Antonio a Padova);
- in altri dipinti si nota il piatto dove verranno poste le mammelle sanguinanti per essere portate e mostrate al console Quinziano.

Perché Sant’Agata è raffigurata con le armi?


    Il Professore Santi Correnti in Leggende di Sicilia e loro genesi storica (Longanesi, Milano, 1975) scrive: Il campione cristiano è San Giorgio, che nella Sicilia orientale ha avuto sempre una particolare devozione da parte dei fedeli: si pensi che San Giorgio era il patrono di Catania, assieme a Sant’Agata, nei tempi medievali, e fino al 1239 fu il simbolo della città ...
     San Giorgio e Sant’Agata erano, dunque, entrambi patroni della città di Catania. Una città retta da un vescovo che aveva, come unico emblema, un gonfalone con San Giorgio.
    Probabilmente San Giorgio era raffigurato, secondo la leggenda medievale, con lancia (o spada) nell’atto di trafiggere un drago che eruttava fiamme.
    Quando, nel 1239, Catania diventò città demaniale dovette munirsi di uno stemma cittadino. E si pensò di modificare anche l’esistente gonfalone.
    Il gonfalone esistente venne modificato e, al posto di San Giorgio, venne rappresentata Sant’Agata sul dorso dell’elefante. Un passaggio, quasi obbligato, da un patrono all’altro: al posto di un leggendario cavaliere venne raffigurata una reale concittadina, martire e Santa.
    Con estrema devozione, nel gonfalone cittadino, al posto del cavaliere San Giorgio, i catanesi elessero Sant’Agata. San Giorgio aveva liberato Catania dal diavolo (secondo una leggenda nostrana) e aveva battuto il drago ma Sant’Agata aveva realmente salvato Catania già in diverse occasioni.
    Ma perché Sant’Agata venne raffigurata armata?
    Se osserviamo attentamente le antiche incisioni che raffigurano San Giorgio e leggiamo le antiche leggende sul drago è facile comprendere: il terrore maggiore che il drago incuteva era costituito dalle fiamme incessanti che sgorgavano dalle fauci dell’animale.
    Ma i catanesi conoscevano (e conoscono ancora) fiamme ben più terribili di quelle di un drago: le fiamme e la lava dell’Etna.
    Ecco il nuovo drago, terribile e imprevedibile con il quale i catanesi convivevano. Ecco perché Sant’Agata è armata di lancia (o spada) e scudo: per combattere contro il nuovo drago, armata con le stesse armi del cavaliere San Giorgio.

Quando il drago distendeva le sue grandi ali, alto nel cielo, l’orizzonte si oscurava, diventava nero. Poi il drago picchiava sui villaggi, eruttava fiamme e portava morte e distruzione.

L’Etna lanciava lapilli, la cenere oscurava il cielo. Poi la lava sgorgava inarrestabile, incendiava villaggi e portava morte e distruzione.

    Come non vedere una precisa correlazione?
    Sant’Agata armata sostituisce San Giorgio in una lotta contro un altro drago.
    E’ alla Santa che i catanesi affidano la protezione della città contro le eruzioni, le fiamme, la lava di questo drago chiamato Etna.
    Quante volte, infatti, è stato portato il velo di Sant’Agata in processione per fermare le colate laviche?

[Tratto da "Cani, elefanti, dee e santi (La storia dello stemma e del gonfalone di Catania)" Giovane Holden Edizioni 2011]


[Pubblicato su "Agorà" n. 39 del 2012, pagg. 12-15]

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