Il perfetto Ouroboros



Personaggi:
- Don Chisciotte;
- Sancho;
- Peppininu;
- Orlando;
- Rinaldo.
- Due spettatori adulti e due ragazzini (seduti ai lati del palcoscenico).

Apertura sipario. Fondale: una radura.

Il parlatore:
Siamo in Spagna, il giorno prima della battaglia di Roncisvalle.

Entra Peppininu dalla destra del palcoscenico.

Peppininu:
Devo sempre lavorare. Ecco che, in questa ridente vallata, mi tocca raccogliere dell’erba fresca per il cavallo del mio padrone. Che fatica!

Dal lato opposto del palcoscenico entrano Don Chisciotte e Sancho. Discutono tra loro.

Don Chisciotte:
Gli attori ci pongono dinanzi agli occhi uno specchio in cui si vedono le azioni della vita umana. E non vi è paragone più preciso a rappresentare quello che siamo e che dovremmo essere, quanto la commedia e i commedianti. Mio buon Sancho, se ragioniamo sulla vita dobbiamo riflettere e ragionare anche sulla sua finzione: sul teatro, sulla commedia e sul ruolo dei commedianti. Una volta terminata la commedia e smessi gli abiti della recita, tutti i commedianti ritornano uguali. Lo stesso vale per l’affanno di questo mondo, nel quale uno fa da imperatore, un altro da papa e nelle mille altre comparse che possono essere inserite nella commedia; ma alla fine, cioè quando termina la vita, la morte toglie a ciascuno l’abito che lo rendeva diverso dagli altri e tutti risultano eguali nella sepoltura. (1)

Sancho:
Avete pensieri tristi, quest’oggi, cavaliere. Ma devo correggervi. Il vostro paragone non è del tutto nuovo e l’ho già inteso. E’ come quello del giuoco degli scacchi: durante la partita ogni pezzo ha il suo compito, Re, Regina, Torre, Alfiere, Cavallo, pedone, ma quando la partita termina, tutti i pezzi si mescolano e finiscono in un buio sacco o una piccola borsa; è lo stesso paragone con la vita che termina nella sepoltura. (2)

Don Chisciotte:
Bravo Sancho, finalmente un concetto interessante e assennato da parte tua. E’ la prima volta!

Peppininu:
Scusate cavaliere, ho inteso, non volendo, i vostri discorsi. Devo intervenire nella discussione e correggere le affermazioni del vostro scudiero. Anche il suo paragone non è nuovo. E’ come nel teatro dei pupi siciliani: durante la rappresentazione, ogni pupo ha la sua parte, il suo compito. Ma quando la rappresentazione termina, tutti i pupi vengono sistemati dentro un buio sacco di protezione e appesi alla rastrelliera. E questo si ripete ad ogni nuovo spettacolo. Dal buio del magazzino, dove sono stati conservati, fuoriescono e vivono una breve vita sul palcoscenico. Poi vengono sistemati nuovamente dentro il sacco e sulla rastrelliera: muoiono di nuovo. Nascita, morte e rinascita si susseguono e si rincorrono in un perfetto ciclo Ouroboros, il serpente che si morde la coda.

Don Chisciotte:
E’ vero, straniero, hai ragione anche tu. E così abbiamo gli uomini, gli scacchi e i pupi siciliani legati dalla stessa similitudine. I pupi assomigliano agli scacchi che assomigliano agli uomini; gli uomini assomigliano agli scacchi che assomigliano ai pupi; gli scacchi assomigliano agli uomini che assomigliano ai pupi.
Meraviglioso intreccio ma anche complicato da ricordare. Nel mio cammino di ricerca ho incontrato i pupi siciliani (3) ma non li ho riconosciuti. Li ho scambiati per umani. Mi son battuto contro di loro ...

Sancho (sottovoce a Peppininu):
Non curarti del mio padrone. Il cavaliere è pazzo.

Peppininu (sottovoce a Sancho):
Conosco questa malattia. Anche il mio padrone ne è stato affetto.

Sancho (sottovoce a Peppininu):
Anche tu sei scudiero di un cavaliere? Anche il tuo padrone è pazzo per amore?

Don Chisciotte:
Straniero, vorrei prenderti come mio nuovo scudiero. Mi sembri più attento e intelligente del mio povero Sancho. Ti troveresti bene con me. Sono atteso ancora da mirabolanti avventure, scontri, duelli, battaglie. Dovrai portarmi la lancia e dare la biada al mio destriero. Cavalcheremo assieme e assieme discuteremo di belle dame, di duelli, di battaglie, di teatro.

Sancho (sottovoce a Peppininu):
E soffrirai la fame e dovrai scusarti per le sue malefatte e prendere le bastonate a lui riservate.

Entra Orlando.

Orlando:
Peppininu, hai raccolto l’erba per Vegliantino? Oh, ma sei in compagnia di un cavaliere. Permettetemi di presentarmi, cavaliere. Sono Orlando, Paladino di Francia.

Don Chisciotte:
Io sono Don Chisciotte, cavaliere spagnolo della nobile Mancia. Stavo discutendo, col mio e con il vostro scudiero, sulla similitudine che lega gli uomini, gli scacchi e i pupi siciliani.

Orlando:
Gioco a scacchi (4), e conosco la Sicilia dove sono stato diverse volte. Mi hanno intitolato persino un promontorio (5). Mi sono spinto fino a Lampedusa per il famoso scontro tre cristiani contro tre saraceni (6). Ma non conosco i pupi siciliani.

Entra Rinaldo.

Rinaldo:
Permettetemi di presentarmi, cavaliere. Sono Rinaldo, Paladino di Francia. Di Montalbano, sugnu. (7)

Don Chisciotte:
Io sono Don Chisciotte, cavaliere spagnolo della nobile Mancia. Stavo discutendo, con il cavaliere Orlando, sulla similitudine che lega gli uomini, gli scacchi e i pupi siciliani.

Rinaldo:
Gioco a scacchi (8), conosco un poco il dialetto siciliano – di Montalbano, sugnu! - ma non conosco i pupi siciliani. Spiacente davvero, cavaliere, non poter conversare piacevolmente con voi su questo argomento. Sono venuto per trasmettere degli ordini a mio cugino. (rivolgendosi a Orlando): Orlando, Carlo ti comanda di capeggiare la retroguardia dell’esercito, domani. Sono sette anni che combattiamo in Spagna e domani, finalmente, ritorneremo nella nostra dolce e amata Francia, attraversando il passo di Roncisvalle.

Don Chisciotte:
Vi accompagnerei volentieri, cavaliere Orlando, ma devo continuare il mio viaggio. Altre avventure mi aspettano. Conosco la zona che dovrete attraversare. Estremamente tranquilla. Assieme ai vostri amici cavalieri farete una bella scampagnata. E mentre cavalcherete tranquillamente, potrete discutere di belle dame, di duelli, di battaglie, di teatro.

Orlando:
Vado a fare i preparativi per la scampagnata, allora. E tu, Peppininu, non dimenticare di lucidare la mia corazza, prima di passare agli ordini di Rinaldo. Cavaliere Don Chisciotte, domani volgete il vostro sguardo su questa pianura. Domani sarà il 15 agosto, il sole sarà a picco, la giornata caldissima. Volgete il vostro sguardo, vedrete la lunga colonna dei miei cavalieri. Le nostre corazze lucenti manderanno bagliori. Vedrete un lungo serpente fiammeggiante.

Orlando esce.

Rinaldo:
Peccato, io non sono comandato a far parte della retroguardia. (9) Tu, Peppininu, verrai con me e mi farai da scudiero. Saluti a tutta la compagnia. Salutu a tutti, e longhi e i curti, e ciunchi e i sicchi. (10)

Rinaldo esce.

Peppininu:
Lo sapevo, quando c’è da fare una bella scampagnata, quando c’è da divertirsi, ecco che arriva il padrone a dare nuovi comandi.

Sancho (a Peppininu):
Ti saluto, scudiero. Non penso che ci rivedremo. Chissà come finirà la nostra vicenda umana.

Peppininu:
Saluti e sicchi e longhi, e rossi (s’ingarbuglia) … Saluti a tutta la cumpagnia.

Peppininu esce.

Don Chisciotte:
Sei tornato ad essere sciocco, Sancho. Perché hai parlato di vicenda umana? Non hai capito che lo straniero è un pupo siciliano? Non avremo il medesimo destino. Noi scompariremo presto, mio caro Sancho. Io ritornerò triste a casa e strapperò tutti quei dannosi libri di cavalleria, tu finirai bastonato da un nuovo padrone. Finiremo presto la nostra vita, ma il teatro dei pupi siciliani potrà mai morire? Credo di no, non l’hai inteso? E’ l’Ouroboros perfetto. L’Opera dei Pupi siciliani non morirà mai!

Don Chisciotte esce con Sancho. Il palcoscenico resta vuoto.

Il Parlatore:
Tutti sono andati per la loro strada. Che pace, adesso, a Roncisvalle. A terra l’erba verde che Peppininu tornerà a raccogliere per il cavallo di Rinaldo. Non scorgo nemmeno un serpentello intento ad annodarsi la coda o uno intento a mutare la pelle. Il serpente, già … Gentile pubblico, lo spettacolo è terminato, andate per la vostra strada.

Chiusura sipario.

Il pubblico esce. I due spettatori adulti e i due ragazzini, che sono stati seduti ai lati del palcoscenico, si alzano in piedi.

Il primo spettatore:
Sono andati tutti via. Abbiamo visto lo spettacolo da una posizione veramente privilegiata.

Il primo ragazzino:
Ma io ho il torcicollo papà, la prossima volta cerchiamo di arrivare molto prima per prenderci dei posti a sedere.

Il primo spettatore:
Non si era più vista un’affluenza di pubblico così numerosa. Siamo stati fortunati ad aver trovato posto, seppure ai lati del palcoscenico: spettatori quasi frammischiati ai pupi. Anche nel teatro inglese, all’epoca di Shakespeare, gli hooligans si sedevano dappertutto, occupando anche i lati accessibili del palcoscenico. (11) Attori frammischiati con gli spettatori.

Il secondo ragazzino:
Papà, andiamo a casa?

Il primo spettatore:
Andiamo a casa, ragazzi. Racconteremo lo spettacolo a vostra madre.

Il secondo spettatore:
Non sarebbe stato meglio uno spettacolo con combattimenti e duelli? Non ne abbiamo visto neppure uno, stasera. Come si può interpretare questo spettacolo?

Il primo spettatore:
Si può leggere da un punto di vista filosofico (il motivo dello Ouroboros), ironico (Peppininu si salva dalla strage di Roncisvalle solo perché l’indomani deve lavorare per Rinaldo e non per Orlando!), tragico (sono forse le parole di Don Chisciotte a tranquillizzare Orlando e a non fargli prendere quei normali accorgimenti per evitare possibili imboscate?). E, poi, c’è il serpente.

Il secondo spettatore:
Pensandoci bene, è proprio vero: il buio del sacco, dove i pupi sono conservati, rappresenta il Caos prima della creazione. Quando i pupari preparano uno spettacolo, staccano i pupi dalla rastrelliera e tolgono loro la protezione. Li fanno, cioè, rivivere. Ecco Orlando, Rinaldo, Angelica di nuovo vivi. I pupi vivono una breve vita, quella del movimento sul palcoscenico durante lo spettacolo e poi vengono sistemati nuovamente dentro il sacco e sulla rastrelliera. Muoiono di nuovo. E così, ad ogni nuovo allestimento dello spettacolo, le operazioni si ripetono. Si adombra, in questa ripetizione, l’atto della nascita, della morte e della rinascita.

Il primo spettatore:
Non li avevo mai visti così, i pupi. Ho sempre assistito a scontri, battaglie, duelli. Ne avrò di cose da raccontare a mia moglie, stasera. Nascita, morte e rinascita si susseguono e si rincorrono in un perfetto ciclo Ouroboros, è ovvio. Mi resterà per sempre impressa in mente questa immagine del serpente che si morde la coda.

Il primo ragazzino (al secondo ragazzino):
E tu, che cosa hai capito? Che cosa racconterai stasera a nostra madre?

Il secondo ragazzino:
Dobbiamo stare attenti a non calpestare quei poveri e indifesi serpentelli.

FINE


1-2) Il testo in corsivo è una libera traduzione del testo spagnolo del Don Chisciotte di Cervantes (Libro II, capitolo XII). Il resto dei dialoghi è invenzione dell’autore.
3) Libro II, capitolo XXVI del Don Chisciotte, l’episodio di Don Gaifero che libera la sua sposa Melisendra prigioniera dei Mori a Saragozza. E’ in questa occasione che don Gaifero chiede la spada Durlindana a Orlando. Ma Orlando, anziché prestare la spada, propone di partecipare all’impresa. Don Gaifero rifiuta sdegnosamente. In questo episodio, Don Chisciotte, volendo aiutare i due fuggitivi (Don Gaifero riesce a trovare, a liberare Melisendra e a fuggire a cavallo con lei), sale sul palcoscenico del teatro e colpisce con la spada i Mori inseguitori.
4) Come sappiamo da “La chanson de Roland”.
5) Promontorio di capo d’Orlando.
6) Tre re saraceni Agramante, Sobrino e Gradasso sfidano i tre paladini Orlando, Brandimarte e Oliviero. L’acerrimo scontro, che si svolge sull’isola di Lampedusa, è raccontato nel canto XLII dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
7) Rinaldo era il proprietario del feudo di Montauban (Montalbano in italiano). Lì si rifugiò tutta la popolazione parigina fuggita dalla città assediata attraverso la galleria sotterranea scavata dai diavoli di Argantino.
8) Come sappiamo da Les Quatre Fils Aymon.
9) Come sappiamo dalla “Chanson de Roland”, Rinaldo non era presente a Roncisvalle. Per Giusto Lodico, invece, Rinaldo (con Ricciardetto) arrivò in tempo per far strage di nemici e per assistere alla morte di Orlando (Storia dei paladini di Francia).
10) Il detto originale è salutu a tutti, e longhi e i curti. Il resto è stato aggiunto dall’autore con allusione a Peppininu per i ciunchi e a Don Chisciotte per i sicchi.
11) Come ricorda Henry Festing Jones in Diversions in Sicily.

[Tratto da “Nuovo repertorio per l’opera dei pupi” – Vol. 2 – Youcanprint, 2013]
Copyright 2013-2014 Carmelo Coco.
[Ogni tipo di riproduzione del testo è rigorosamente vietata].
    
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